VERSO UN’EUROREGIONE SPECIALE: A UDINE MERCOLEDÌ 18 GIUGNO 2008 CONVEGNO DELL’AICCRE FVG
Sono particolarmente grato ad Angelo Viscovich per aver scelto quale oggetto della sua seconda Tesi di laurea – quella in Scienza dell’Amministrazione – il complesso, tanto discusso ma ancora non completamente esplorato filone dell’Euroregione o, meglio, delle cooperazioni transfrontaliere e transnazionali tra popoli diversi e aree regionali confinanti.
Il rigore della ricerca e dell’approfondimento, aspetti costanti nella fatica dell’autore, incrociano il dibattito politico e talvolta le iniziative poste in essere dai rappresentanti delle istituzioni, dell’associazionismo europeo e del foro accademico, in aderenza al lungo e contradditorio cammino del processo di allargamento e di costruzione del federalismo europeo di cui Angelo Viscovich diventa un attore soprattutto nella Scuola e nella direzione dell’associazione europea delle autonomie locali friulana.
Il punto di partenza del suo lavoro non poteva prescindere dalla storia personale. Appena nato, in Istria, la sua famiglia è costretta all’esilio e si stabilizzerà in un comune della bassa friulana ricompreso nella Laguna di Marano, sulla sponda nord del mare Adriatico. Dopo la prima laurea in Sociologia, conseguita nell’avanzato e battagliero contesto di Trento, diventa amministratore pubblico nella cittadina che ospita Porto Nogaro e da lì riprende il suo costante impegno per favorire la riconciliazione di popoli e culture, in particolare dell’area adriatica.
L’autore mira al superamento delle barriere mentali che ancora albergano e producono pericolose ed antistoriche tossine soprattutto lungo la soglia di Gorizia, purtroppo non immaginaria frontiera militare che per decenni ha diviso l’Italia dalla Yugoslavia prima e, dopo il 1992, dalla Slovenia fino al 21 dicembre 2007 che l’estensione dell’area Schengen ha visto finalmente rimuovere i 13 confini.
Il pregevole lavoro che l’AICCRE del Friuli Venezia Giulia ha deciso di pubblicare rappresenta un notevole passo avanti, un lucido contributo culturale, a mio avviso in grado, per coloro che non sono faziosi a priori, di orientare scelte politiche moderne ed innovatrici e di favorire il dispiegarsi della cooperazione territoriale (transfrontaliera e transnazionale) proprio nel teatro regionale che nella prima parte del secolo scorso ha ospitato le due guerre mondiali e che deve ora convintamente attivarsi per allargare l’area Schengen ai Balcani, dopo che sperabilmente nel 2010 gli Stati della Croazia, Serbia, Bosnia Herzegovina e Macedonia abbiano acquisito l’acquis comunitario e siano entrati nell’Unione Europea.
Da Sindaco di Aquileia sono stato testimone di tre eventi particolarmente singolari, che insieme spiegano e motivano la mia adesione e sostegno a quanti, come Angelo Viscovich, operano per la crescita esponenziale della coscienza della cittadinanza europea, proponendosi di consegnare agli storici il lavoro di ricostruzione di quanto avvenuto durante la seconda guerra mondiale e di liberarsi dei pesi che perdurando nelle menti o nelle faziose lotte politiche domestiche ostacolano l’affermarsi dell’UE.
Nel 1980, subito dopo il Trattato di Osimo, fu costituita una speciale Commissione mista composta da rappresentanti dei governi di Italia e di Yugoslavia, con il compito di definire i confini fisici da Tarvisio (confinante con Bovec) a Muggia (confinante con Capodistria), passando per Gorizia e Trieste, non ancora stabiliti dopo la fine della seconda guerra mondiale oramai datata 1945. Il Governo italiano desiderava simbolicamente presentare i risultati di quel lavoro a Trieste oppure a Gorizia. Il preannunciato forte dissenso di parte dell’opinione pubblica, rappresentato da Partiti e associazioni espressione delle due città capoluogo di frontiera, suggerirono i diplomatici di far ospitare l’evento ad Aquileia.
Nel 1994, due anni dopo la secessione della Slovenia e della Croazia dalla Yugoslavia, il neo presidente del Consiglio dei Ministri italiano Silvio Berlusconi incaricò il ministro degli affari estero Antonio Martino di incontrare il premier della Repubblica di Slovenia Joze Poterle per concordare una dichiarazione politica dove l’Italia avrebbe appoggiato il percorso di entrata della Slovenia nell’UE (ingresso poi avvenuto con il 1 maggio 2004). Anche questo evento, per il carattere simbolico che lo stesso Berlusconi attribuiva, essendo stato uno dei suoi primi atti d’esordio nella scena di politica estera, avrebbe dovuto essere ospitato a Trieste oppure a Gorizia. Invece, dopo 14 anni, il Commissario di governo e la diplomazia italiana furono costretti ancora una volta a ripiegare l’ospitalità dell’evento presso il Comune di Aquileia. Tra le motivazioni, prevalente che riecheggia nella mia memoria, la seguente: finchè non sono risolti i problemi dei beni abbandonati dagli esuli Trieste e Gorizia non può ospitare incontri politici che abbiano il senso della pacificazione o della riconciliazione. Il veto era politico e in questa circostanza giungeva dal principale partner di governo del primo ministro italiano.
Ritengo che la problematica dei beni abbandonati deve avere una risposta. Ed i governi devono operare per trovare una soluzione adeguata alle attese. Ma non ho mai creduto che il modo migliore per perseguire questa legittima attesa sia stata quella di isolare per decenni Trieste e Gorizia, perché proprio dopo la caduta del muro di Berlino, del 1989, l’Europa ha iniziato a respirare a due polmoni, come diceva il papa polacco, ed anche nelle sponde del mare adriatico, e tra Cherso e il Carso, come si sente sempre più parlare, era ed è ora che le comunità riprendessero a dialogare e collaborare sul piano culturale, politico ed economico.
Il terzo evento coincise con la visita ad Aquileia del protagonista della primavera di Praga, Alexander Dubcek, in transito mentre si recava a Bologna a ricevere una laurea Honoris causa, qualche tempo prima che un misterioso incidente stradale provocasse la sua morte. Dalla ribellione di Piazza San Venceslao del 1968, con i drammatici momenti vissuti, disse Dubcek, ci sono voluti più di 20 anni per lo storico evento della riunificazione delle due Germanie, ad opera di Helmut Koll, dopo il superamento del muro di Berlino ed altri ancora prima che Gorbaciov annunciasse la perestroika e la glasnost, prologo del disfacimento dell’URSS. Anche qui il superamento delle tossine ereditate dalla storia sono state possibili solo accelerando il processo di democrazia, di cooperazione e di collaborazione tra popoli e aree regionali confinanti.
Ebbene, ho voluto proporre queste considerazioni proprio perché ritengo che il fine di Viscovich – ovvero come trovare a questi territori, cuore dell’Europa centrale, cerniera tra est e ovest, uno sbocco reale, vero e da attuare nei 5 anni prossimi e non tra 20 anni – sia molto concreto e meno accademico di quello che può apparire ad una prima impressione. Attraverso il rilancio dell’idea originaria della comunità di lavoro Alpe Adria, con i dovuti aggiustamenti e adeguamenti derivanti dai passi avanti compiuti dall’allargamento dell’U.E., recepiti dalla versione consolidata del trattato sull’Unione europea e del trattato sul funzionamento dell’Unione europea, nuove norme introdotte dal trattato di Lisbona firmato il 13 dicembre 2007, è maturo il momento di costituire idonei strumenti politici e giuridici che in primo luogo superino le burocratiche e asfissianti procedure attualmente incastonate con le autorità di gestione dei programmi operativi europei. L’Euroregione, quale entità rappresentativa di comuni interessi su un determinato territorio sovranazionale, transfrontaliero o transnazionale, potrebbe subito essere identificata con un GECT, Gruppo Europeo di Cooperazione Territoriale (o più di uno, a seconda degli interessi, se ad esempio, finalizzati alla gestione di programmi di cooperazione quale l’Adriatico – IPA, oppure per politiche settoriali quali trasporti, ambiente, armonizzazione legislativa, agricoltura, turismo, cultura, comunicazioni ecc.).
Assieme agli oltre 60 amministratori locali del Friuli VG, che nel mese di ottobre 2007 hanno incontrato a Gronau i dirigenti della più antica euroregione d’Europa l’Euregio, sono rimasto colpito dalla ridefinizione aggiornata della mission di Euregio: gestire i programmi operativi degli strumenti finanziari 2007-2013 tramite la costituzione, al proprio interno, di una società di europrogettazione.
Ecco un obiettivo concreto che potremo mutuare, ritenendolo possibile dopo aver letto il lavoro di Viscovich, che segnaliamo in primo luogo agli amministratori locali, ma anche alla politica, al mondo imprenditoriale, alle forze sociali, alle scuole ed alla cultura della comunità del Friuli Venezia Giulia: se a Gronau, tra la Germania e l’Olanda, l’Euroregione nata nel 1958, ha costituito una società di europrogettazione, perché non possiamo fare altrettanto qui da noi, ora, facendo tesoro della cooperazione in atto tra la Carinzia, la Slovenia, le contee dell’Istria croata, e le Regioni del Veneto e del Friuli Venezia Giulia? Ritengo che ci siano le condizioni per superare le residue tossine, abbondantemente smaltite.
Lodovico Nevio Puntin
Segretario generale regionale AICCRE Friuli Venezia Giulia