Iniziativa dell’A.I.C.C.R.E. F.V.G. stamattina al Deganutti di Udine
Intervento di Lodovico Nevio Puntin – Segretario regionale AICCRE Friuli Venezia Giulia sul 9 Maggio 2007 – Festa dell’Europa.
Le” primavere” francesi sono spesso portatrici di ventate positive per l’Europa.
Il 9 maggio 1950 il ministro Robert Schuman pronunciò un discorso di grande respiro storico, al punto che oggi in tutta Europa si assume tale data per celebrare la Festa d’Europa.
Il 30 aprile 1952 Jean Monet affermava che bisognava puntare ad unire i popoli e non gli Stati d’Europa.
Il 6 maggio 2007 le elezioni per la presidenza della Repubblica francese hanno registrato la grande partecipazione al voto dell’85% di elettori, che ha espresso il 53% di consensi al neo Presidente Nicolas Sarkozy, rispetto al 47% raggiunto da Segolene Royal.
Queste elezioni rimetteranno in moto il dibattito sul Trattato di Costituzione europea, il cui processo di ratifica era stato bloccato proprio dall’esito del referendum, prima della Francia e poi dell’Olanda.
L’AICCRE aderisce alla proposta del MFE (Movimento Federalista Europeo), di raccogliere un milione di firme per un referendum consultivo sulla Costituzione europea da tenersi lo stesso giorno delle elezioni europee del 2009. Invitiamo gli studenti, a partire dai 16 anni, a valutare l’opportunità di sottoscrivere l’appello per l’indizione del referendum consultivo.
Di seguito ripropongo una riflessione sul 9 maggio, Festa dell’Europa.
“Nella complessa e problematica prospettiva dell’unificazione dell’Europa, emerge il problema di un’identità culturale della nuova formazione politica e istituzionale.
Jean Monet il 30 aprile 1952, quando la futura Unione Europea muoveva i suoi primi deboli passi, dichiarò: “Non coalizziamo Stati, uniamo Uomini”. Già allora quindi era ben chiaro che gli interessi economici non erano da soli sufficienti alla creazione di un’Unione davvero solida. Tra i promotori del processo unitario c’era anche la piena consapevolezza della difficoltà del compito.
Il ministro francese Robert Schuman, il 9 maggio 1950, affermò: “L’Europa non si farà di colpo, né si costruirà tutta insieme: si farà grazie a concreti atti, capaci di creare innanzitutto una solidarietà di fatto”.
Anche oggi, in un momento in cui l’Unione europea ha pur realizzato enormi passi avanti – si pensi alla creazione della moneta unica – siamo ancora lontani da una vera integrazione politica e istituzionale.
E tuttavia ci sono fattori favorevoli su cui far leva: la consapevolezza che i sacrifici richiesti dall’unione tra Stati diversi sono comunque inferiori ai costi che imporrebbe una loro divisione e, in positivo, il diffondersi della coscienza europeista, in particolare tra i giovani, alimentata da antiche affinità e dal moltiplicarsi di scambi e di legami culturali e sociali.
Non essendo concepibile un’identità europea fondata su basi naturalistiche, diventa inevitabile realizzarla su basi volontaristiche, ovvero facendo ricorso a un insieme condiviso di valori, di finalità, di visioni del mondo che, al di là della pura logica economica, sia in grado di legittimare la convivenza e l’integrazione di popoli diversi.
E’ questo il ruolo del Trattato che istituisce la Costituzione per l’Europa, nuova Magna Charta nella quale gli Europei potranno, se lo vorranno, riconoscersi dando vita a un più ampio e inedito “patriottismo della Costituzione”.
Va detto, però, che i valori contenuti nella Carta europea sono già ben presenti nelle diverse tradizioni nazionali. Essi evocano un patrimonio culturale comune a cui quelle tradizioni hanno attinto sia pure con sensibilità e modi diversi.
L’ identità europea, per l’influenza congiunta dell’eredità greco-romana e di quella giudaico-cristiana, fa tutt’uno con la volontà di trasformare le condizioni iniziali, date, dell’ esistenza umana, chiamata a formarsi piuttosto attraverso il suo stesso agire e dunque al di là di ogni ordine presupposto e immutabile.
Il processo di globalizzazione di cui l’Europa è stata, nel passato, la principale forza promotrice ci appare oggi aperto ad esiti imprevedibili e soprattutto attraversato da pericolosi squilibri. L’ipotesi dello “scontro di civiltà” si fa più plausibile quanto più i fautori del dialogo e della coesistenza pacifica appaiono timorosi e sfiduciati. Un’ Europa che sapesse portare a compimento la propria unità politica, mostrandosi capace di riconoscere la diversità dentro di sé, potrebbe parlare al mondo con una maggiore capacità di comprensione.
Un ruolo virtuoso, saggio, l’Europa non lo potrà però esercitare attribuendosi una funzione di guida morale, suggerendo soluzioni dall’alto della propria sapienza giuridico-istituzionale: ciò sarebbe solo una versione crepuscolare e velleitaria dell’eurocentrismo.
Essa deve agire – non più come centro ma come parte tra le parti – in un mondo multipolare, che ha le molte durezze e molti conflitti ma che è possibile immaginare come uno spazio per l’equilibrio e il riconoscimento reciproco, lottando anche, se necessario, perché questo accada. Ma nessun equilibrio si forma soltanto auspicandolo e senza avere un peso, una forza, da esercitare a favore della sua costruzione.
L’Europa avrà un ruolo e sarà un esempio positivo per gli altri soltanto se dimostrerà di restare fedele alla sua antica vocazione, congiungendo ancora una volta la forza con la ragione.”
Udine, 7 maggio 2007 – Istituto C. Deganutti